08 dicembre 2006

MICHELE degli Scaramouche

Ciao, Sergio.
Credo sia quanto meno invadente da parte mia questa mail. Scusami. Non ti conosco, quindi non sarei autorizzato a scrivere. Però... sono qua. Perdonami se puoi.
So che il tuo mondo non è più quello della canzone italiana, lo so e lo apprezzo, tanto più che ti seguo anche nella tua versione strumentale... ma so anche che tra tuttti gli autori italiani che conosco, tu sei stato quello da cui ho imparato di più, per un modo cupo e allegro insieme di far trasparire sensazioni molto "sbagliate" attraverso una gioia musicale apparente.
Per questo, "Lontano che vai" rimane uno dei punti per me più belli della musica italiana. Per quell'aria di pioggia che non va mai via del tutto.
Per questo, credo, non ti è stata resa del tutto giustizia... per questo malessere di fondo che non sempre è stato percepito... e che nella tua ultima apparizione italiana (Flamingo) era così evidente... ed è stato del tutto ignorato, vedendoti malgrado tutto come un buffo tipo allegro e swingante... cosa che per me (sbaglierò) non eri. O almeno, non solo.
"Dalla peste di Parigi" è un pezzo che mi ha scavato dentro. "Addio mia bella Paperopoli, forse mai più ti rivedrò", è una frase che avrei voluto in un'antologia, nessuno era mai riuscito a rappresentare così un addio dal mondo... con un'immagine dolce, da fumetto, e struggente al tempo stesso.
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Michele (chitarrista e autore degli Scaramouche)

Caro Michele, potremmo stare delle ore a parlare delle cose che hai scritto, ma secondo me e' piu' bello se ognuno le percepisce a modo suo.
Io posso solo ringraziarti per la stima, e darti un grosso in bocca al lupo per te e per la tua musica.